Peluffo: un pò più di coraggio (articolo pubblicato su Europa)

 

immagine documentoLa crisi nel Pdl dimostra quanto sia in movimento lo scenario politico, quanto sia difficile avere una proposta per il paese coesiva e riconoscibile. Anche noi non possiamo permetterci di navigare a vista. Eppure il dibattito della direzione del Pd ha dato di sé nell’opinione pubblica questa percezione. Non infondata. L’Europa è scomparsa dal nostro orizzonte di analisi proprio mentre in Gran Bretagna per la prima volta nei sondaggi è in testa una forza europeista come i liberaldemocratici di Clegg; temi cruciali come l’immigrazione sono rimasti sullo sfondo.
Tuttavia, l’assemblea programmatica può essere l’occasione per una svolta se sarà in grado di fare i conti con le paure e le insicurezze degli italiani, su cui la destra ha costruito il suo consenso, e proporrà al paese un progetto capace di suscitare speranza, se smetteremo finalmente di ragionare sul breve periodo e iniziamo ad immaginare come riconquistare consenso nella società nel medio-lungo.
Per farlo il Pd deve proporsi come partito del cambiamento. Non basta dire lavoro, se non si dice chiaramente che noi saremo il partito della rivoluzione ecologica; uno studio dell’Ue ha dimostrato che costruire un’economia europea a impatto zero da qui al 2050 si può, e questo vuol dire investimenti crescita occupazione. Non basta dire unità nazionale, se non si ha coscienza che essa è in crisi profonda e che allora va affrontata fino in fondo la sfida del federalismo e di un nuovo patto fiscale tra regioni e Stato, che responsabilizzi le classi dirigenti locali. Il risanamento del debito pubblico, senza di cui non è possibile alcuna politica di sviluppo, passa in buona parte da qui.
Non si può parlare di nuove generazioni, senza sapere che a fronte del dramma di un’intera generazione precaria che rischia di restare senza copertura previdenziale serve una drastica riforma dello stato sociale, a partire da un sistema pensionistico iniquo, che riapra la questione della redistribuzione del reddito lungo l’intero arco della vita. Il Pd deve farsi promotore con coraggio di un nuovo patto di cittadinanza. Anche sul fenomeno immigrazione, che sta già cambiando il volto della società italiana, e lo farà ancora di più nei prossimi decenni. Dovremo fare i conti prima o poi con lo shock che questo produce soprattutto nelle fasce più deboli.
Dobbiamo proporre ai futuri cittadini immigrati e ai nostri connazionali impauriti un patto: da un lato cittadinanza e diritti, dall’altro doveri, rispetto delle regole della convivenza civile e dell’identità culturale nazionale.
Anche sulle riforme istituzionali, bisogna osare di più. Il Pd deve avere una sua proposta su legge elettorale e sistema istituzionale, meglio averne una non condivisa da tutto il partito che non averne affatto; da ciò del resto non può che dipendere anche la politica delle alleanze. E il presidenzialismo (nella versione francese), se accompagnato dai contrappesi necessari e da leggi contro l’oligopolio nel sistema radiotelevisivo può essere un’opzione di riforma di sistema; oltre che un modo per provare a scompaginare il centrodestra.
Infine serve una nuova offerta politica del centrosinistra, e il Pd deve farsene carico a partire da se stesso. Dobbiamo uscire dalla gabbia della somma degli ex ds e degli ex diellini, puntare a riunificare, anche all’inizio attraverso forme federative, settori più ampi del centrosinistra. Obiettivo: costruire un Pd competitivo per la leadership di governo; serve un Pd stabilmente sopra il 30 per cento, un Pd oltre il Pd, partito del cambiamento a partire da una proposta per l’Italia, che evochi l’idea di futuro.