Peluffo: “Con legge editoria Pd sostegno a informazione locale e tetto a stipendi Rai”

(da SETTEGIORNI)

La legge sull’editoria appena approvata a Roma è un buon provvedimento. Ne è convinto l’onorevole Vinicio Peluffo, 45 anni, di Rho, parlamentare del Pd, membro della commissione Attività produttive e di quella per la Vigilanza Rai e che proprio in questa veste ha seguito la legge nel suo iter.

A ridefinire la disciplina dei contributi pubblici per il settore dell’editoria il Parlamento ci ha provato più volte negli ultimi sei anni senza mai riuscirci. Ora finalmente invece la legge c’è, ma possiamo esserne soddisfatti?

Io penso sia una buona legge. Poi, lo sa meglio di me, l’editoria è un settore in tale evoluzione che aggiustamenti successivi sarà sempre possibile farli. Sicuramente una garanzia di bontà è data dal fatto che il testo non è nato esclusivamente in Parlamento, ma soprattutto da un ascolto del territorio: con audizioni istituzionali, ma anche andando a parlare con i diretti interessati  nelle redazioni dei giornali, in particolar modo di quelli locali.

Cosa prevede la legge?

L’istituzione di un fondo presso il ministero dell’Economia, da alimentarsi con le risorse statali già destinate al settore, un contributo di solidarietà dello 0,1% del reddito a carico dei concessionari della raccolta pubblicitaria   e una parte, fino a un massimo di cento milioni annui, delle maggiori entrate derivanti dal canone Rai.

Cosa cambia rispetto al passato?

Completamente l’approccio alla materia: prima quello che ci si proponeva di fare era essenzialmente sostenere il mondo dell’editoria inteso come settore industriale, oggi la priorità è data al pluralismo dell’informazione, che è un valore riconosciuto anche dalla nostra Costituzione. Va da sé che la norma è pensata soprattutto per quelle realtà che garantiscono un’informazione libera e legata al territorio, un lavoro da cronisti apparentemente non più di moda – come giustamente ha detto il relatore della legge nelle dichiarazioni di voto –  ma che invece anche al tempo della rete è un lavoro fondamentale. Dai finanziamenti sono esclusi sia i giornali di partito che i grandi giornali quotati in borsa e le società per azioni.

Quindi editoria locale, e con le risorse da spartire tra tutti?

No, per accedere ai contributi pubblici i giornali devono avere una reale forza imprenditoriale, quindi un bilancio solido, vendere un certo numero di copie e assicurare anche un’edizione online. Un altro requisito, per me importante da sottolineare, è il regolare adempimento degli obblighi derivanti dai contratti collettivi nazionali o territoriali di lavoro. In estrema sintesi si aiuta un giornalismo serio e impegnato, che però non vuole essere assistito e in più punta a raccogliere la sfida dell’innovazione.

Ma poi questi soldi ci saranno davvero? E arriveranno in tempi ragionevoli?

Il Pd assieme al Parlamento tutto vigilerà sul fatto che il fondo abbia risorse certe. E per velocizzare i tempi di liquidazione dei finanziamenti, finora uno dei nodi di maggiore impatto sull’economia delle aziende editoriali, la riforma prevede regole di erogazione dei contributi omogenee e la semplificazione del procedimento. Infine una novità importante, che mi auguro porti nuove entrate ai giornali, è la defiscalizzazione degli investimenti pubblicitari incrementali, con la detassazione che cresce al crescere delle risorse investite rispetto all’anno precedente.

Nella legge si parla anche di Rai, giusto?

Sì, finalmente si stabilisce per legge che il trattamento economico di dipendenti, collaboratori e consulenti Rai non possa superare il tetto dei 240mila euro lordi annui. Una norma giusta e vicina al sentire del Paese, non ulteriormente rinviabile, per cui mi sono speso sia in prima persona come capogruppo Pd in Vigilanza Rai sia con la commissione tutta.